Approfondimenti

In vigore l’obbligo di utilizzo dei mezzi di comunicazione elettronici nello svolgimento delle procedure di gara

Dal 18 ottobre 2018 è entrato in vigore l’obbligo di utilizzo dei mezzi di comunicazione elettronici nello svolgimento delle procedura di gara.

Tutte le “comunicazioni e gli scambi di informazioni” inerenti le procedure di affidamento di appalti pubblici devono svolgersi – salvo alcune eccezioni – in formato interamente elettronico ai sensi dell’art. 40, comma 2, d.lgs. 50/2016 (cd. Codice Appalti) a decorrere dal 18 ottobre 2018, termine ultimo fissato all’art. 22 della Direttiva 2014/24/UE.

Con il termine “comunicazioni” la direttiva comunitaria intende comprendere gran parte dell’intera procedura di gara, compresa la presentazione delle domande di partecipazione e delle offerte che devono essere realizzate nelle modalità individuate all’art. 52 del Codice Appalti e dal Codice dell’Amministrazione Digitale.

La procedura elettronica deve essere conciliata con l’obbligo per la Stazione Appaltante di garantire “che l’integrità dei dati e la riservatezza delle offerte e delle domande di partecipazione siano mantenute” e di esaminare “il contenuto delle offerte e delle domande di partecipazione soltanto dopo la scadenza del termine stabilito per la loro presentazione” (art. 52 c. 5 Codice Appalti).

Il dubbio che rimane, dunque, è se la Posta Elettronica Certificata sia uno strumento sufficiente ad ottemperare agli obblighi di legge, oppure se occorra l’utilizzo di specifiche piattaforme elettroniche per la gestione della gara in modalità e-procurement.

Le stazioni appaltanti si stanno orientando verso l’acquisto di sistemi informatici che permettono la gestione delle offerte pervenute tramite pec mediante uno specifico sistema di blocco che consente l’apertura delle stesse soltanto alla data e all’ora indicata nella lex specialis.

La stazione appaltante può comunque utilizzare le modalità cartacee laddove l’utilizzo di mezzi di comunicazione elettronici richieda un aggravio eccessivo per l’ente stesso. In buona sostanza, trattasi di tutti quei casi in cui la comunicazione assuma un formato elettronico non comunemente disponibile per le stazioni appaltanti o i documenti di gara richiedano la presentazione di un modello fisico o in scala ridotta che non può essere trasmesso per mezzo di strumenti elettronici. Restano inoltre escluse le fattispecie in cui l’uso di mezzi di comunicazione diversi dai mezzi elettronici è necessario per ragioni di sicurezza e per la protezione di informazioni di natura particolarmente sensibile.

Dallo stesso 18 ottobre, il DGUE dovrà essere predisposto esclusivamente in conformità alle regole tecniche che saranno emanate da AgID ai sensi dell’art. 58 comma 10 del Codice dei contratti pubblici. Per tutte le procedure di gara bandite a partire dal 18 ottobre, eventuali DGUE di formati diversi da quello definito dalle citate regole tecniche saranno considerati quale documentazione illustrativa a supporto.

È necessario, in questo quadro normativo, tenere presente che le disposizioni di spending review prevedono, per le stazioni appaltanti che sono pubbliche amministrazioni, l’utilizzo di strumenti elettronici per importi superiori a € 1.000. Tale norma è certamente speciale rispetto all’art. 37 del codice appalti, il quale, invece, prevede procedure elettroniche per importi superiori a 40.000 euro.

In definitiva e riassumendo, gli strumenti elettronici si applicano come segue:

Stazioni Appaltanti che sono pubbliche amministrazioni: procedure elettroniche per importi > 1.000 euro;
Stazioni Appaltanti che non sono pubbliche amministrazioni: procedure elettroniche per importi > 40.000 euro.

Per quanto concerne, invece, gli operatori economici, gli stessi devono adeguarsi alle condizioni stabilite dalla legge di gara: pertanto, se la stazione appaltante utilizza dei gestionali telematici, l’offerta verrà presentata inviando una pec al sistema di gestione, che autonomamente garantirà la segretezza dell’offerta e la sua apertura al momento della seduta pubblica, senza doversi munire di alcuna piattaforma o sistema gestionale.

Approfondimenti

Coworking: attivo il bando della regione Toscana per i coworkers

Il coworking è una forma di condivisione degli spazi di lavoro sempre più diffusa, non soltanto tra i liberi professionisti e le start up, ma anche per i lavoratori dipendenti, in considerazione dello sviluppo e della diffusione della legge che disciplina lo smart working.

La Regione Toscana si è resa parte attiva nella fase di crescita di tale istituto, attraverso la costituzione di un elenco qualificato di soggetti fornitori di coworking in Toscana (aggiornato da ultimo con Decreto Dirigenziale n. 6293 del 12 maggio 2017 ) e prevedendo l’erogazione di contributi fino a 3.500,00 euro per coloro che intendono fruire dello spazio di coworking, con l’approvazione dell’Avviso per l’assegnazione di voucher a supporto dell’auto imprenditorialità e del lavoro autonomo attraverso l’accesso agli spazi di coworking di cui all’elenco qualificato regionale per le annualità 2018, 2019 e 2020, la cui prossima finestra per presentare la domanda sarà aperta tra il 1 ed il 31 dicembre 2018.

E’ pertanto opportuno fornire un breve inquadramento della fattispecie con un esame delle principali criticità da tenere presenti quando si procede alla stipula di un contratto di coworking.

Il coworking presenta VANTAGGI per entrambe le parti: sia per il concedente, i cui benefici sono di natura economica, in quanto con tale modalità di concessione dell’immobile si trae un maggior profitto rispetto alla semplice locazione, che per gli utilizzatori i quali possono beneficiare di una struttura funzionale e completa per dare avvio alla propria attività senza dover reperire un immobile ad uso ufficio che rispetti le norme di sicurezza di cui al d.lgs. 81/2008 e senza sostenere i costi dell’investimento iniziale.

L’OGGETTO del contratto è la messa a disposizione ed il godimento di una postazione di lavoro, per un arco temporale prestabilito e previo pagamento di un canone. È un contratto atipico, pertanto, mantenendo fermi i principi generali della disciplina codicistica dei contratti, le parti sono libere di disciplinarne il contenuto nei suoi elementi caratterizzanti:

– tipologie di postazioni: “ad uso continuativo”, “ad uso sporadico”, “per utilizzo uffici indipendenti”, “per utilizzo sala riunioni”, “per utilizzo aule di formazione”;

 

– attrezzature e servizi offerti: utilizzo della rete internet, fotocopiatrice, scanner, sala riunioni, luce, riscaldamento, acqua e generalmente anche la pulizia dello spazio e l’eventuale segreteria;

 

– orario: l’utilizzatore può utilizzare gli spazi senza limiti di tempo, sia nei giorni lavorativi che festivi, oppure pattuire specificatamente i limiti di tempo individuando orari e giorni specifici;

 

– durata: liberamente determinabile, in quanto non vi sono vincoli di durata, con specificazione delle modalità di recesso e di eventuale rinnovo tacito;

 

– prezzo: il corrispettivo deve essere indicato in forma scritta, come le modalità ed i termini di pagamento e può essere disciplinato mediante pattuizione di un canone mensile oppure previsto a consumo attraverso l’installazione di contatori e tessere magnetiche che registrano l’effettivo uso dei servizi da parte di ciascun utilizzatore.

Può essere previsto un deposito cauzionale a carico dell’utilizzatore, generalmente predeterminato in un ammontare pari al corrispettivo dovuto per una mensilità, con l’obbiettivo di risarcire il concedente da eventuali danni all’uso delle strumentazioni e degli ambienti.

 

– responsabilità, non sussistendo alcuna normativa ad hoc, si raccomanda di procedere ad una regolamentazione dettagliata di tale aspetto, al fine di prevenire l’insorgere di controversie, tenendo sempre presente che entrambe le parti contrattuali sono tenute al rispetto dell’art. 1176 c.c. che richiede la diligenza del buon padre di famiglia nell’adempimento delle obbligazioni.

L’obbligo del concedente è quello di garantire l’accesso ai locali e la funzionalità delle attrezzature individuate nel contratto, mentre l’utilizzatore è responsabile per tutti quei comportamenti contrari ai codici di condotta contrattuali e risponde dei danni arrecati alle strumentazioni ed ai locali.

La parte che è più a rischio è sicuramente il concedente in quanto la messa a disposizione di spazi ed attrezzature di terzi, potrebbe essere soggetta a danni per negligenza e furti. Si esclude invece la responsabilità per il furto o lo smarrimento di oggetti appartenenti al professionista e lasciati sulla scrivania o negli armadietti. Ecco perché in caso di contratto di coworking è caldamente consigliato l’utilizzo di badge nominali per l’accesso in modo da identificare chi e quando, accede allo spazio, tale formula tutela sia il concedente che gli utilizzatori.