Il divieto dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo costituisce una delle misure più discusse che i vari decreti succedutesi a partire dal D. Cura Italia per fronteggiare l’emergenza sanitaria ed economica da Corona Virus hanno introdotto.

L’art. 14 del decreto Agosto (D.L. 14 agosto 2020, n. 104) al fine di bilanciare le contrapposte esigenze sindacali ed aziendali rispettivamente a sostegno e critica della sospensione dei licenziamenti  inizialmente previsto fino al 17 agosto 2020, ha individuato un sistema combinato di misure che rendono il termine per la decadenza del divieto variabile a seconda della scelta effettuata dalla singola azienda, prevedendo altresì una serie di deroghe al divieto.

La durata variabile 

Il Decreto Agosto ha, infatti,  previsto da un lato un nuovo periodo di ammortizzatori sociali da utilizzare tra il 14 Luglio 2020 e il 31 Dicembre 2020 per un totale di 18 settimane (art. 1 D.L. 104/2020); dall’altro lato ha individuato una nuova misura destinata alle aziende che non intendono utilizzare il nuovo periodo di cassa integrazione consistente in un esonero contributivo per un periodo massimo di 4 mesi e per un monte ore pari al doppio di quelle utilizzate per CIG nei mesi di maggio e giugno 2020. (art. 3 D.L. 104/2020)

Si è quindi stabilito che il divieto di licenziamento per motivi economici  decadrà entro il termine ultimo del 31.12.2020 in un momento diverso a seconda della  misura adottata dall’azienda ovvero:

1) dopo la totale fruizione delle ulteriori 18 settimane di ammortizzatori sociali previsti dall’art. 1 del Decreto, oppure

2) al termine dell’utilizzo dell’agevolazione contributiva prevista dall’art. 3 del D.L. 104/2020

con la conseguenza che il termine del divieto potrà essere per le singole aziende sensibilmente diverso.

A titolo esemplificativo si osservi che se un’azienda ha usufruito del trattamento di integrazione salariale in via continuativa dall’inizio dell’emergenza la sospensione dei licenziamenti terminerà il 16 novembre 2020, se invece è stato operato un frazionamento, con saltuaria riammissione totale dei dipendenti e/o utilizzo delle ferie, il divieto potrà arrivare fino al termine ultimo del 31 Dicembre 2020.

Ed ancora, ove l’azienda avesse optato (con scelta irreversibile) per l’agevolazione contributiva e nei mesi di maggio e giugno 2020 avesse ipoteticamente sfruttato soltanto due settimane di cassa integrazione già dopo un mese dal 17 agosto 2020 potrebbe trovarsi nelle condizioni di poter licenziare.

I chiarimenti dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro 

Sull’operatività di tale differenti misure si rileva che la recente  circolare dell’Ispettorato del Lavoro del 17.09.2020 ha chiarito, essendo emersi dubbi interpretativi sul punto, che potranno beneficiare dell’agevolazione contributiva anche i datori di lavoro ammessi al trattamento di cassa integrazione ai sensi del D.L. n. 18/2020 (Cura Italia) e che abbiano fruito di periodi di cassa, anche parzialmente, dopo il 12 luglio. Si precisa, inoltre, che laddove si riscontri la violazione del divieto di cui all’art. 14, verrà disposta la revoca dell’esonero con efficacia retroattiva ed al contempo l’impossibilità di presentare domanda per i trattamenti di integrazione salariale (comma 3). Il beneficio è altresì cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa vigente, nei limiti della contribuzione previdenziale dovuta.

Deroghe al divieto

L’art. 14 del D. Agosto ha introdotto, inoltre,  alcune deroghe espresse al divieto di licenziamento, prevedendo che i datori di lavoro possano procedere al licenziamento per giustificato motivo oggettivo nei seguenti casi:

  • Cessazione definitiva dell’attività dell’impresa, con messa in liquidazione della società. Una cessazione parziale come, ad esempio, la chiusura di una unità produttiva di per sé non porta alla sospensione del blocco.
  • Accordo collettivo aziendale: si concede alle aziende la possibilità di procedere ad una riduzione di personale previo raggiungimento di un accordo con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, con un incentivo all’esodo per i dipendenti che aderiscono, ai quali viene riconosciuto il diritto alla NASPI, , pur trattandosi di una risoluzione consensuale.
  • Fallimento della società senza alcun esercizio provvisorio dell’attività, con cessazione totale della stessa. Anche in questo caso, non opera il divieto nel caso in cui sia stato disposto l’esercizio provvisorio dell’attività da parte di un ramo dell’azienda, resteranno esclusi i settori non compresi nel fallimento.

Licenziamenti esclusi dal divieto

Si ricorda, infine, che i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, soggetti al divieto di cui si è sopra detto, non esauriscono i possibili recessi datoriali che, comunque, restano ammissibili in questo periodo e che elenchiamo di seguito:

  • i licenziamenti per motivi soggettivi adottati al termine della procedura disciplinare di cui all’art. 7 L. 300/1970, siano essi per giusta causa che per giustificato motivo soggettivo
  • i licenziamenti per raggiungimento del limite massimo di età per la fruizione della pensione di vecchiaia;
  • i licenziamenti determinati da superamento del periodo di comporto. Rispetto a tali licenziamenti occorre porre attenzione alle eventuali assenze per malattia connesse al periodo di quarantena e/o isolamento domiciliare che non possono essere conteggiate ai fini del computo del periodo di comporto (art. 26, comma 1, del decreto 18/2020 e successive modifiche)
  • i licenziamenti durante o al termine del periodo di prova
  • i licenziamenti dei dirigenti sulla base della c.d. “giustificatezza”;
  • i licenziamenti dei lavoratori domestici
  • la risoluzione del rapporto di apprendistato al termine del periodo formativo a seguito di recesso ex art. 2118 c.c. Si consideri, sul punto, che il periodo formativo dell’apprendistato professionalizzante è prorogato per un periodo uguale a quello in cui l’apprendista ha fruito della integrazione salariale.