Accade sempre più spesso che si senta parlare di “truffe on line”.

Il fenomeno è sempre più diffuso e interessa una serie di comportamenti diversificati, dal classico “phishing” dei dati alla più aggressiva “digital extortion”, ai casi in cui, convinti di acquistare un prodotto di un marchio noto, in realtà, ci si trova ad acquistare un prodotto assai diverso.

Tale ultima fattispecie è quella che verrà affrontata, seppur brevemente e senza pretesa di esaustività considerata la complessità dell’argomento, nel presente contributo.

 

Ebbene, non di rado accade, durante i nostri acquisti on line, di imbatterci in siti internet che – apparentemente – commercializzano prodotti del nostro marchio preferito a prezzi estremamente concorrenziali.

Altrettanto non di rado accade che il consumatore poco attento, attratto dal prezzo vantaggioso, acquisti uno o più prodotti, convinto di aver fatto un ottimo affare. Affare che si rivelerà assolutamente inesistente nel momento in cui l’acquirente riceverà al proprio domicilio un prodotto diverso da quello che pensava di aver acquistato o, peggio ancora, non riceverà nulla.

 

Tale comportamento truffaldino si definisce plurioffensivo in quanto, da un lato, cagiona direttamente un danno al patrimonio del consumatore privato e, dall’altro, lede la regolare circolazione di beni e servizi e la fiducia che i soggetti privati pongono in un marchio e, dunque, nell’azienda che lo detiene, oltre che l’interesse patrimoniale dei titolari dei diritti di sfruttamento dei marchi e segni distintivi.

 

Da ciò consegue che, a livello penale, si possa parlare di una doppia tutela: da un lato, infatti, il consumatore sarà vittima del reato di truffa aggravata, dall’altro, la società che legittimamente detiene il marchio potrà essere vittima di uno dei reati di cui agli artt. 473 – 474 – 517 ter c.p..

 

Vediamo più da vicino di che cosa si tratta.

 

L’art. 473 c.p. punisce chiunque, potendo conoscere dell’esistenza del titolo di proprietà industriale, contraffà o altera marchi, segni distintivi, brevetti, disegni o modelli industriali o chiunque, senza essere concorso nella contraffazione o alterazione, fa uso di tali marchi, segni distintivi, brevetti, disegno o modelli industriali.

 

In altri termini, la norma in commento sanziona la riproduzione abusiva di un marchio e degli altri oggetti materiali sopra individuati, idonea a confondere i consumatori circa la provenienza del prodotto.

 

L’art. 474 c.p., dal canto suo, punisce chiunque introduce nel territorio dello Stato, detiene per la vendita, pone in vendita o mette altrimenti in circolazione, al fine di trarne profitto, prodotti industriali con marchi o altri segni distintivi contraffatti o alterati.

 

Infine, l’art. 517 ter c.p. prevede un’ipotesi residuale che sanziona chiunque, al di fuori delle ipotesi delittuose di cui agli articoli precedenti, potendo conoscere dell’esistenza del titolo di proprietà industriale, fabbrica, adopera industrialmente, introduce nel territorio dello Stato, detiene per la vendita o pone in vendita oggetti o altri beni realizzati usurpando un titolo di proprietà industriale o in violazione dello stesso.

 

A ben vedere, dunque, le fattispecie, seppur apparentemente molto simili, sanzionano comportamenti diversificati che si pongono in contrasto con il legittimo diritto della società a non veder usurpato e/o contraffatto il proprio marchio o i segni distintivi che la contraddistinguono.

Peraltro, in questi casi, la società il cui interesse è stato leso dalle citate condotte delittuose potrà costituirsi parte civile nel processo penale e veder ristorato il danno patrimoniale e non patrimoniale subito.

 

In tali casi l’azienda può attivarsi con un’azione di monitoraggio costante sul web per rilevare eventuali irregolarità sugli annunci presenti su siti web e su social network che generalmente presentano documentazione fotografica e contenuti descrittivi estratti illegittimamente dal sito ufficiale del brand.

 

Una volta che la truffa viene individuata è opportuno accertare i profili del relativo dominio e procedere tempestivamente con una segnalazione on line alla polizia postale e con il deposito di una denuncia querela presso la competente Procura della Repubblica contenente il dettaglio dei siti web illegittimi e un’accurata descrizione della violazione.

 

Si consiglia infine di inviare una comunicazione ai social network per informare dell’avvenuto deposito della denuncia querela e chiedere il blocco e la rimozione degli annunci in questione.