L’indennizzo da parte dell’INAIL. 

Gli infortuni occorsi ai dipendenti pubblici o privati durante lo svolgimento della prestazione lavorativa sono soggetti alla copertura dell’I.N.A.I.L. il quale provvede a corrispondere al lavoratore le prestazioni previste dalla legge.

Si tratta in particolare dell’indennità per il periodo di inabilità assoluta temporanea parametrata sulla retribuzione percepita dal lavoratore e, in caso di postumi di un’invalidità permanente superiore al 6 %, dell’ indennizzo in forma capitale o (se il danno biologico superiore al 16 %) in forma di rendita vitalizia.

La misura dell’indennizzo erogata dall’Istituto viene calcolata sulla base delle tabelle INAIL e non comporta l’integrale risarcimento del danno biologico subito dal lavoratore.

Il danno differenziale.

Il risarcimento integrale del danno, definito danno differenziale proprio in quanto corrisponde alla differenza tra la somma dovuta al dipendente per il pregiudizio subito e quanto già erogato dall’INAIL a titolo di indennizzo, spetta al lavoratore soltanto nel caso in cui l’infortunio sia avvenuto per responsabilità del datore di lavoro e sarà pertanto da questi dovuto.

L’obbligo di prevenzione dei rischi da parte del datore di lavoro.

Il datore di lavoro ai sensi dell’art. 2087 c.c. ha, infatti l’obbligo di adottare tutte le misure necessarie a tutela dell’integrità psico fisica dei propri dipendenti previste da norme di legge (tra cui le più importanti quelle contenute nel T.U. 81/2008 in materia di sicurezza sul lavoro) o suggerite dalle migliori conoscenze sperimentale o tecniche del momento.

L’inosservanza di tali obblighi, ove sia stata la causa dell’infortunio, può dare origine alla responsabilità dell’imprenditore e pertanto può essere fatta valere dal lavoratore con un’azione risarcitoria.

La natura e l’estensione della responsabilità dell’imprenditore.

Va precisato che la responsabilità del datore di lavoro non è di tipo oggettivo, ovvero automaticamente sussistente ogni volta che il dipendente abbia riportato lesioni in occasione dello svolgimento dell’attività lavorativa, essendo sempre necessario individuare un profilo di colpa del datore di lavoro, intesa quale difetto di diligenza nella predisposizione delle misure idonee a prevenire ragioni di danno per il lavoratore.

È però, altrettanto vero che la giurisprudenza ha notevolmente esteso le maglie della responsabilità datoriale. Si ritiene, infatti, che le norme in materia di prevenzione degli infortuni in capo al datore di lavoro, essendo finalizzate ad impedire l’insorgenza di situazioni pericolose, siano dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, insiti nella tipologia di attività svolta, ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso, vigendo in capo al datore di lavoro un obbligo di vigilanza e controllo.

Il datore di lavoro è, dunque, ritenuto responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che il dipendente osservi correttamente tali misure, non potendo attribuirsi alcun effetto esimente per l’imprenditore, all’eventuale concorso di colpa del lavoratore.

Il comportamento abnorme del lavoratore.

L’imprenditore viene, invece, esonerato dalla responsabilità nelle ipotesi in cui il lavoratore abbia posto in essere un comportamento “abnorme”, inopinabile ed esorbitante rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell’evento e creare condizioni di rischio (detto rischio elettivo) estranee alle normali modalità del lavoro da svolgere.

Si deve trattare, dunque, di una condotta personalissima del lavoratore, avulsa dall’esercizio della prestazione lavorativa o anche ad essa riconducibile, ma esercitata e intrapresa volontariamente in base a ragioni e motivazioni del tutto personali e non prevedibili dal datore di lavoro, al di fuori dell’attività lavorativa e prescindendo da essa, come tale idonea ad interrompere il nesso eziologico tra prestazione lavorativa ed attività assicurata.

Un caso concreto.

Per comprendere meglio il concetto di comportamento abnorme, si segnala una recente sentenza della Corte di Cassazione (Cass. 3282/2020) che ha escluso la responsabilità datoriale per l’infortunio del lavoratore. Nel caso concreto era stato accertato in giudizio che il lavoratore, seppure adeguatamente dotato dei dispositivi antinfortunio e informato sul corretto uso degli stessi, oltre che più volte richiamato al rispetto delle regole antinfortunistiche, aveva omesso volontariamente e imprudentemente di agganciare la cintura di sicurezza anticaduta al cestello.

Tale comportamento aveva quindi assunto il carattere dell’assoluta imprevedibilità, inopinabilità ed esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, da porsi quale causa esclusiva dell’evento e tale da escludere la responsabilità del datore di lavoro.

Concludendo.

In definitiva, quindi, possiamo affermare che il datore di lavoro è ritenuto responsabile dell’infortunio del lavoratore e tenuto pertanto a risarcire il danno differenziale quando abbia omesso di adottare tutte le misure protettive necessarie ad evitare l’evento dannoso, comprese quelle esigibili in relazione alla possibile negligenza o imprudenza del lavoratore. È, inoltre, responsabile quando abbia omesso di adeguatamente controllare e vigilare affinché le misure siano rispettate da parte del lavoratore.

Non è invece ritenuto responsabile quando l’infortunio sia determinato da un comportamento del lavoratore abnorme, imprevedibile ed esorbitante rispetto alle direttive impartite e al normale procedimento di lavoro.