Appalti pubblici Approfondimenti

Partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici: quali sono i principali portali telematici per presentare offerte?

Come ormai noto agli addetti ai lavori, dal mese di ottobre 2018 le procedure di aggiudicazione di contratti pubblici si svolgono mediante procedure elettroniche.

È opportuno, pertanto, che gli operatori economici si adoperino in modo da poter partecipare alle procedure in modalità elettronica.

Ma quali sono i portali da tenere sotto controllo?

Firenze Legale ne ha selezionati alcuni:

Il mercato elettronico delle pubbliche amministrazioni (cd. MEPA).

Si tratta di un mercato virtuale per gli acquisti in rete della PA.

La piattaforma offre vantaggi sia alle PA che alle imprese, digitalizzando i processi di procurement pubblico, riducendo i tempi di gara e anche i costi commerciali.

Per partecipare alle procedure indette su MEPA è necessario registrarsi. Dopo questo passaggio, l’utente deve indicare la propria categoria merceologica di appartenenza, in modo da visionare procedure e ricevere richieste di offerta per il solo ambito in cui si opera.

Per le procedure sopra soglia, il MEPA utilizza il Sistema dinamico di acquisizione. Quest’ultimo è comporto di due fasi: a) una fase di qualificazione indetta da Consip, ove gli operatori economici si qualificando per una certa tipologia di servizio/categoria merceologica; b) una fase durante la quale la stazione appaltante pubblica un appalto specifico al quale possono partecipare gli operatori qualificati.

 

Sistema Telematico Acquisti Regionale Toscana (cd. START).

È la piattaforma dove la maggior parte degli enti pubblici toscani pubblicano le procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture. Anche in questo caso è necessario registrarsi ed accedere con il proprio nome utente e password.  L’operatore economico riceverà mail di aggiornamento relative a tutte le procedure relative al proprio ambito di attività.

 

Net4Merket.

Alcuni operatori economici utilizzano questo portale telematico per pubblicare le proprie procedure. In questo caso, tutta la procedura è autonomamente gestita dall’ente pubblico ed il portale è funzionale alla gestione della procedura in modalità elettronica.

Anche in questo portale è possibile effettuare una registrazione.

 

Attenzione: tutte le registrazioni sopra indicate sono gratuite.

Esistono inoltre vari siti internet che monitorano procedure di gara in tutta Italia ed Europa. Alcuni richiedono il pagamento di un abbonamento, altri una mera registrazione.

Si precisa, infine, che gli enti pubblici, in apposita sezione, pubblicano tutte le procedure in corso di svolgimento.

Inoltre, le procedure sopra soglia comunitaria sono pubblicate su Gazzetta Ufficiale (italiana o europea, in base agli importi), consultabili anche online dai siti: e https://eur-lex.europa.eu/oj/direct-access.html?locale=it.

Approfondimenti

Non è nulla la vendita immobiliare in caso di difformità della costruzione rispetto al titolo edilizio menzionato nell’atto.

Non è raro il caso di proprietari di immobili che, nel momento in cui avviano le operazioni di vendita, si trovano, anche inaspettatamente, a dover affrontare questioni legate alla conformità dei titoli edilizi relativi all’immobile.

Problematiche di questo genere sorgono non solo in casi di veri e propri abusi edilizi non sanati, ma anche laddove vi siano difficoltà nel ritrovare la documentazione catastale ed urbanistica presso i competenti uffici pubblici.

Sennonché, recentemente la giurisprudenza si è espressa sul tema delle nullità c.d. formali o testuali nel contratto di compravendita immobiliare (disciplina, peraltro, applicabile anche a tutti gli atti a titolo gratuito aventi ad oggetto il trasferimento o la costituzione di diritti reali).

In particolare, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con sentenza del 22 marzo 2019 n. 8230, hanno affermato che la nullità dei contratti aventi ad oggetto diritti reali su immobili da cui non risultino gli estremi del permesso di costruire o della istanza di sanatoria (art. 46 d.P.R. n. 380 del 2001, artt. 17 e 40 l. n. 47/1985) va ricondotta nell’ambito del comma 3 dell’art. 1418 c.c. e deve qualificarsi come nullità testuale. In presenza della menzione degli estremi del permesso di costruire o dell’istanza in sanatoria, il contratto è valido a prescindere dalla conformità o difformità della costruzione realizzata rispetto al titolo edilizio menzionato nell’atto di trasferimento.

Non può invece ravvisarsi (oltre ad una nullità formale) anche una nullità sostanziale e virtuale ex art. 1418 co. 1, per contrarietà a norme imperative in ragione di difformità sostanziale della costruzione rispetto al titolo abilitativo.

Pertanto sussistendo il requisito di forma richiesto dalla legge (ovvero menzione degli estremi del permesso di costruire o dell’istanza di sanatoria) l’eventuale difformità sostanziale non comporta nullità del contratto, ma rileva esclusivamente in termini di inadempimento che giustifica la risoluzione del contratto.

Nella stessa ottica, è stata esclusa la nullità dei contratti aventi ad oggetto immobili, nel caso in cui le dichiarazioni previste dalla l. n. 47/1985, Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, artt. 17 o 40, siano state rese ma non siano conformi al vero.

In altri termini, la nullità prevista dalla l. n. 47/1985 (e ora l. n. 380/2001) assolve la sua funzione di tutela dell’affidamento, sanzionando specificamente la sola violazione di un obbligo formale, imposto al venditore al fine di porre l’acquirente di un immobile in condizione di conoscere le condizioni del bene acquistato e di effettuare gli accertamenti sulla regolarità del bene attraverso il confronto tra la sua consistenza reale e quella risultante dalla concessione edilizia ovvero dalla domanda di concessione in sanatoria.

Alla rigidità della previsione consegue che, come non può essere attribuita alcuna efficacia sanante all’esistenza della concessione o sanatoria che non siano state dichiarate nel contratto di compravendita di un immobile, così, in presenza della dichiarazione, nessuna invalidità deriva al contratto dalla concreta difformità della realizzazione edilizia dalla concessione o dalla sanatoria e, in generale, dal difetto di regolarità sostanziale del bene sotto il profilo del rispetto delle norme urbanistiche.

Pertanto, in presenza nell’atto della dichiarazione dell’alienante degli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all’immobile, il contratto è valido a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione.

Approfondimenti

Legge 11/2019 di conversione del Decreto Semplificazioni (D.L. 135/2018): gravi illeciti professionali

La legge n. 11/2019 converte in legge il Decreto 135/2018 in materia di misure di semplificazione della P.A.
Il testo legislativo riguarda le materie sanità, ambiente, agricoltura, giustizia, istruzione e formazione artistica e musicale, università e ricerca, con diversi interventi volti ridurre il complesso degli adempimenti amministrativi per cittadini e imprese.
Per quanto concerne la materia degli appalti, il D.lgs. 50/201 6viene modificato, in materia di esclusione dalla gare per gravi illeciti professionali, dall’art 5 della legge 11/2019.
Più nel dettaglio, viene sostituita la lettera c) del comma 5 dell’articolo in questione, che quindi introduce la possibilità di escludere dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico, qualora la stazione appaltante dimostri, con mezzi adeguati, che esso si sia reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità.
Prima dell’approvazione del decreto legge Semplificazioni, il Codice dei contratti prevedeva, a titolo esemplificativo, alcune condizioni al verificarsi delle quali la stazione appaltante avrebbe potuto escludere un operatore economico dalla partecipazione ad una gara, dopo aver dimostrato con mezzi adeguati la sua condotta illecita. L’elenco delle cause di esclusione per gravi illeciti professionali, contenute alla lettera c) del comma 5, era stato considerato non tassativo dal Consiglio di Stato (Cons. Stato, 2 marzo 2018, n. 1299).
Con il decreto Semplificazioni e con la conseguente legge di conversione, il testo dell’articolo 80, comma 5, lettera c) viene allineato alla direttiva europea 2014/24/Ue. In particolare, è stata adeguata l’indicazione introduttiva che rende tassativo l’elenco delle cause di esclusione.
Dunque, così come riformulato, il testo prevede che la stazione appaltante possa escludere l’impresa purché dimostri, con mezzi adeguati, che l’operatore economico si sia reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità.
Inoltre, ai sensi delle nuove lettere c-bis) e c-ter) le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni, anche riferita a un suo subappaltatore, qualora l’operatore economico abbia:
– tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate a fini di proprio vantaggio oppure abbia fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione, ovvero abbia omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione (lettera c-bis);
– dimostrato significative o persistenti carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione per inadempimento ovvero la condanna al risarcimento del danno o altre sanzioni comparabili. Su tali circostanze la stazione appaltante deve motivare anche con riferimento al tempo trascorso dalla violazione e alla gravità della stessa (lettera c-ter).
Delle possibili rilevanti modifiche al Codice appalti prospettate inizialmente nel testo del decreto Semplificazioni, ora convertito in legge, sono rimaste solo le disposizioni relative a nuovi motivi di esclusione dall’appalto per gravi illeciti professionali. È stata, quindi, rinviata a un futuro provvedimento l’integrale riforma del Codice, che presentava la tanto discussa norma “taglia-gare” volta a innalzare da 1 milione di euro a 2,5 milioni di euro la soglia dell’affidamento di un contratto di esecuzione di lavori senza gara ordinaria.

Approfondimenti

Legge di Bilancio 2019: affidamento diretto negli Appalti Pubblici.

La legge di bilancio 2019 ha inserito alcune modifiche di non poco conto al codice degli appalti pubblici.

La novità più rilevante è senz’altro quella contenuta all’articolo 1, comma 912 (Comma 529-bis dell’emendamento 1.9000 del Governo)  dell’ultima versione della manovra, è introdotta, fino al 31 dicembre 2019 e nelle more di una complessiva revisione del Codice dei contratti pubblici, una deroga alle procedure di affidamento dei contratti pubblici di lavori, al fine di elevare la soglia prevista per l’affidamento di lavori con procedura diretta fino a 150.000 euro, e applicare la procedura negoziata, previa consultazione, ove esistenti, di almeno dieci operatori economici, per lavori da 150.000 fino a 350.000 euro.

In buona sostanza gli affidamenti di servizi e forniture restano inalterati, mentre i lavori pubblici vengono affidati secondo le seguenti modalità:

per importi inferiori a 40.000 euro, mediante procedura diretta, anche senza previa consultazione di due o più operatori economici (art. 36, comma 2, lett. a) del Codice dei contratti);
per importi da 40.000 euro e inferiore a 150.000 euro, mediante affidamento diretto previa consultazione, ove esistenti, di 3 operatori economici (art. 36, comma 2, lett. a) del Codice dei contratti integrato con le deroghe introdotte dall’articolo 1, comma 912 della legge finanziaria 2019);
per importi pari o superiori a 150.000 euro e inferiore a 350.000 di euro, mediante procedura negoziata con consultazione di almeno dieci operatori economici ove esistenti (art. 36, comma 2, lett. b) del Codice dei contratti integrato con le deroghe introdotte dall’articolo 1, comma 912 della legge finanziaria 2019);
per importi pari o superiori a 350.000 euro e inferiore a 1.000.000 di euro, mediante procedura negoziata con consultazione di almeno quindici operatori economici ove esistenti, (art. 36, comma 2, lett. c) del Codice dei contratti).

L’affidamento diretto per lavori di importo inferiore a 150.000 euro dovrà comunque avvenire nel rispetto dei principi di cui all’articolo 30, comma 1 del Codice dei contratti, nonché del rispetto del principio di rotazione degli inviti e degli affidamenti e in modo da assicurare l’effettiva possibilità di partecipazione delle microimprese, piccole e medie imprese.

In ogni caso, per gli appalti sotto soglia si dovrà fare riferimento alle linee guida ANAC n. 4 dell’1 marzo 2018 recanti “Procedure per l’affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli elenchi di operatori economici” le quali con ogni probabilità subiranno una modifica di adeguamento rispetto al contenuto della legge di bilancio.

A completamento del quadro delle modifiche riguardanti gli affidamenti diretti, si segnala l’innalzamento della soglia dei micro-acquisti da € 1.000 a € 5.000: l’art. 1, comma 130 dispone che le amministrazioni statali centrali e periferiche non sono obbligate a fare ricorso a MEPA, per gli acquisti di beni e servizi di importo inferiore a 5.000 euro.

 

Appalti pubblici

Incompatibilità nella partecipazione alle procedure di appalto pubblico

Un’impresa operante nel settore dell’edilizia ha partecipato ad una procedura aperta di affidamento lavori pubblici ai sensi del d.lgs. 50/2016.

All’esito dell’apertura delle buste contenenti la documentazione amministrativa dei concorrenti in gara, l’impresa ha ricevuto una richiesta di soccorso istruttorio ex art. 83 d.lgs. 50/2016.

La richiesta traeva origine dal rapporto di parentela sussistente tra alcuni membri del consiglio di amministrazione dell’impresa con altri rappresentanti di altra impresa concorrente. La stazione appaltante ha dunque richiesto se tra i soggetti sussistessero, per la partecipazione alla procedura in oggetto, situazioni di controllo sostanziale o di conflitto di interessi ai sensi dell’art. 80 comma 5 lettera d) del D.Lgs. 50/2016 e ss.mm.ii. tali da falsare la concorrenza o se vi fosse esclusivamente un rapporto di parentela.

Abbiamo pertanto redatto una comunicazione in risposta alla richiesta di chiarimenti evidenziando quanto segue:

l’art. 90 comma 5 lett. m d.lgs. 50/2016 dispone che debbano essere esclusi dalla gara quei concorrenti che si trovino, rispetto ad un altro partecipante alla medesima procedura di affidamento, in una situazione di controllo di cui all’articolo 2359 del codice civile o in una qualsiasi relazione, anche di fatto, se la situazione di controllo o la relazione comporti che le offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale.

Tale principio è stato declinato dalla giurisprudenza, la quale ha affermato che “si configura un’ipotesi di collegamento sostanziale tra due imprese in presenza di elementi essenziali plurimi, precisi e concordanti, atti a suffragare il giudizio di riconducibilità delle offerte provenienti da un unico centro di interesse, falsante la competizione” (Cons. Stato, Sez. VI, 8 maggio 2012, n. 2657; Id. 22 febbraio 2013, n. 1091; Id. Sez. V, 18 luglio 2012, n. 4189).

Non basta, dunque, il solo rapporto di parentela, ma deve intervenire la dimostrazione che le due offerte siano riconducibili al medesimo centro decisionale (Tar Lazio, Roma, Sez. III, 27 marzo 2012, n. 2904).

Nel caso di specie, le parti hanno effettivamente un rapporto di parentela, ma le due imprese non sono in alcun modo collegate l’un l’altra ed hanno partecipato alla procedura in assoluta autonomia.

All’esito dell’esame del riscontro alla richiesta di soccorso istruttorio, la stazione appaltante ha ammesso l’impresa alla successiva fase di esame dell’offerta tecnica e, peraltro, l’impresa è risultata aggiudicataria della procedura.

Approfondimenti

In vigore l’obbligo di utilizzo dei mezzi di comunicazione elettronici nello svolgimento delle procedure di gara

Dal 18 ottobre 2018 è entrato in vigore l’obbligo di utilizzo dei mezzi di comunicazione elettronici nello svolgimento delle procedura di gara.

Tutte le “comunicazioni e gli scambi di informazioni” inerenti le procedure di affidamento di appalti pubblici devono svolgersi – salvo alcune eccezioni – in formato interamente elettronico ai sensi dell’art. 40, comma 2, d.lgs. 50/2016 (cd. Codice Appalti) a decorrere dal 18 ottobre 2018, termine ultimo fissato all’art. 22 della Direttiva 2014/24/UE.

Con il termine “comunicazioni” la direttiva comunitaria intende comprendere gran parte dell’intera procedura di gara, compresa la presentazione delle domande di partecipazione e delle offerte che devono essere realizzate nelle modalità individuate all’art. 52 del Codice Appalti e dal Codice dell’Amministrazione Digitale.

La procedura elettronica deve essere conciliata con l’obbligo per la Stazione Appaltante di garantire “che l’integrità dei dati e la riservatezza delle offerte e delle domande di partecipazione siano mantenute” e di esaminare “il contenuto delle offerte e delle domande di partecipazione soltanto dopo la scadenza del termine stabilito per la loro presentazione” (art. 52 c. 5 Codice Appalti).

Il dubbio che rimane, dunque, è se la Posta Elettronica Certificata sia uno strumento sufficiente ad ottemperare agli obblighi di legge, oppure se occorra l’utilizzo di specifiche piattaforme elettroniche per la gestione della gara in modalità e-procurement.

Le stazioni appaltanti si stanno orientando verso l’acquisto di sistemi informatici che permettono la gestione delle offerte pervenute tramite pec mediante uno specifico sistema di blocco che consente l’apertura delle stesse soltanto alla data e all’ora indicata nella lex specialis.

La stazione appaltante può comunque utilizzare le modalità cartacee laddove l’utilizzo di mezzi di comunicazione elettronici richieda un aggravio eccessivo per l’ente stesso. In buona sostanza, trattasi di tutti quei casi in cui la comunicazione assuma un formato elettronico non comunemente disponibile per le stazioni appaltanti o i documenti di gara richiedano la presentazione di un modello fisico o in scala ridotta che non può essere trasmesso per mezzo di strumenti elettronici. Restano inoltre escluse le fattispecie in cui l’uso di mezzi di comunicazione diversi dai mezzi elettronici è necessario per ragioni di sicurezza e per la protezione di informazioni di natura particolarmente sensibile.

Dallo stesso 18 ottobre, il DGUE dovrà essere predisposto esclusivamente in conformità alle regole tecniche che saranno emanate da AgID ai sensi dell’art. 58 comma 10 del Codice dei contratti pubblici. Per tutte le procedure di gara bandite a partire dal 18 ottobre, eventuali DGUE di formati diversi da quello definito dalle citate regole tecniche saranno considerati quale documentazione illustrativa a supporto.

È necessario, in questo quadro normativo, tenere presente che le disposizioni di spending review prevedono, per le stazioni appaltanti che sono pubbliche amministrazioni, l’utilizzo di strumenti elettronici per importi superiori a € 1.000. Tale norma è certamente speciale rispetto all’art. 37 del codice appalti, il quale, invece, prevede procedure elettroniche per importi superiori a 40.000 euro.

In definitiva e riassumendo, gli strumenti elettronici si applicano come segue:

Stazioni Appaltanti che sono pubbliche amministrazioni: procedure elettroniche per importi > 1.000 euro;
Stazioni Appaltanti che non sono pubbliche amministrazioni: procedure elettroniche per importi > 40.000 euro.

Per quanto concerne, invece, gli operatori economici, gli stessi devono adeguarsi alle condizioni stabilite dalla legge di gara: pertanto, se la stazione appaltante utilizza dei gestionali telematici, l’offerta verrà presentata inviando una pec al sistema di gestione, che autonomamente garantirà la segretezza dell’offerta e la sua apertura al momento della seduta pubblica, senza doversi munire di alcuna piattaforma o sistema gestionale.

Appalti pubblici

Contratto pubblico

Un’Azienda Pubblica di Servizi alla Persona ha pubblicato un bando per la locazione di un immobile ad uso commerciale. Nella medesima data, la stessa ASP ha pubblicato un ulteriore bando per la locazione di un altro immobile adibito ad uso non abitativo, adiacente al primo ma con ingresso autonomo sulla viabilità pubblica ed autonoma funzionalità.

Un’impresa che opera nel settore della ristorazione è risultata prima in entrambe le graduatorie.

Tuttavia, in ragione del lungo lasso di tempo trascorso per la conclusione delle operazioni di gara, l’impresa aggiudicataria si è vista costretta a disdire gli impegni commerciali assunti per un fondo, mentre permanevano le condizioni per attuare il progetto relativo al secondo fondo.

L’impresa si è rivolta al nostro studio, che in assenza di clausola del bando che sanciva  l’irrevocabilità dell’offerta, ha ritenuto di predisporre una comunicazione con la quale l’impresa ha dichiarato di accettare la sottoscrizione un solo contratto di locazione.

Ricevuta tale comunicazione, la commissione giudicatrice si è riunita per effettuare una nuova valutazione delle offerte e  modificando le originarie valutazioni fornite per entrambe le procedure, ha revocato l’aggiudicazione di entrambi i contratti di locazione.

Abbiamo impugnato la revoca dell’aggiudicazione mediante ricorso al TAR sostenendo che ritenere aggiudicabili (o comunque valutare positivamente) le sole offerte che prevedessero l’utilizzo unitario dei due immobili avrebbe sostanzialmente attribuito valore ad una condizione illegittima: ed infatti un’offerta che presuppone l’aggiudicazione dell’altra consiste in un’offerta condizionata e come tale inammissibile.
In sede cautelare, il TAR ha rilevato che la locazione congiunta dei due immobili non costituisce criterio predeterminato (e conoscibile ex ante) per l’ assegnazione del contratto. Osserva, ancora, il TAR che la nuova riunione da parte della commissione determina una rivalutazione delle offerte tecniche, assolutamente inammissibile successivamente all’apertura delle offerte economiche e all’emissione del provvedimento di aggiudicazione.

Non categorizzato

Abuso edilizio

Una società di professionisti operanti nel settore della progettazione ha contattato lo studio dopo aver ricevuto da un Comune un’ordinanza di demolizione di lavori, realizzati previa presentazione di Segnalazione Certificata di Inizio Attività, rilevando che l’intervento, oltre a non essere conforme al regolamento comunale, dovesse essere autorizzato mediante permesso a costruire, anziché SCIA.

L’intervento edilizio aveva ad oggetto la ricostruzione di un solaio in legno posizionato tra il piano primo ed il piano sovrastante, all’interno del locale vano scala e del controsoffitto.

Lo studio ha ritenuto che vi fossero gli estremi per impugnare il provvedimento e, pertanto, ha promosso ricorso avanti al Tar, lamentando che l’intervento era perfettamente conforme alla regolamentazione comunale di riferimento e che rientrava tra gli interventi per i quali è possibile presentare una SCIA.

È stato infatti sostenuto che la conservazione formale e funzionale dell’organismo edilizio connota le attività di restauro e risanamento conservativo rispetto alla ristrutturazione edilizia. L’intento di conservare l’organismo edilizio ed assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che – nel rispetto degli elementi tipologici e formali – ne consentano destinazioni d’uso con essi compatibili. Rientra nel concetto di risanamento conservativo anche l’intervento che comprende “il consolidamento, il ripristino e rinnovo degli elementi costituitivi dell’edificio, l’inserimento degli impianti richiesti dalle esigenze d’uso, l’eliminazione degli elementi estranei all’organismo edilizio”.

Dopo aver notificato il ricorso, prima del suo deposito e del pagamento del contributo unificato, al fine di risolvere stragiudizialmente la questione, lo studio si è adoperato per fissare un incontro con il Comune, all’esito del quale, considerata la fondatezza dei motivi indicati nel ricorso, è stata revocata l’ordinanza di demolizione con conseguente eliminazione di ogni conseguenza sanzionatoria, anche sotto il profilo penale.