Approfondimenti Diritto del lavoro

La certificazione della parità di genere: un’opportunità per le aziende

Cos’è e come si ottiene?

La Certificazione della Parità di Genere è un sistema di certificazione delle aziende introdotto a far data dal Gennaio 2022 dalla L. 162/2021 (legge sulla parità salariale) e prevista anche dal PNRR al fine di incentivare le imprese ad adottare politiche adeguate per garantire le pari opportunità di genere nel mondo del lavoro.

La certificazione viene rilasciata alle aziende con un numero di dipendenti superiore a 50 che ne facciano richiesta, laddove riescano a dimostrare di avere adottato nell’ambito della propria organizzazione misure concrete per ridurre il divario di genere, con particolare riferimento ai seguenti aspetti:

  • opportunità di crescita in azienda;
  • parita’ salariale a parita’ di mansioni;
  • politiche di gestione delle differenze di genere;
  •  tutela della maternita’.

In concreto, l’azienda deve dimostrare di aver adottato un sistema di gestione specifico per la tematica della parità di genere, conforme a specifici indicatori.

Un decreto ministeriale (Il Decreto del Ministero delle pari opportunità del 29 aprile 2022), recependo le linee guida adottate dall’ UNI/PdR 125:2022, ha individuato sei aree di indicatori relativi alle differenti variabili che possono contraddistinguere un’organizzazione inclusiva e rispettosa della parità di genere quali:  

  • cultura e strategia; 
  • governance; 
  • processi HR;  
  • opportunità di crescita ed inclusione delle donne in azienda;  
  • equità remunerativa per genere; 
  • tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro. 

Per ogni area sopra indicata sono stati identificati degli indicatori di performance (c.d. KPI – Key Performance Indicator) ed a ciascuno di essi è associato un punteggio.

L’accesso alla certificazione da parte della società è consentito con il raggiungimento di un punteggio minimo del 60%.

La certificazione viene rilasciata unicamente dagli organismi di certificazione accreditati da Accredia in base al Regolamento CE 765/20085, pur essendo opportuno procedere all’istanza soltanto a seguito di un’adeguata consulenza e valutazione della fattibilità della richiesta stessa, ovvero a seguito di un iter di adeguamento agli standard richiesti, con il supporto di professionisti esperti della materia.

La certificazione ha una validità di tre anni dalla data di rilascio ed è soggetta a rinnovo a seguito di rivalutazione effettuata tramite audit annuali dell’ente certificatore, finalizzati alla verifica del mantenimento o miglioramento degli standard riscontrati in sede di prima verifica.

Vantaggi per le aziende

Al fine di incentivare le aziende ad adottare la certificazione oltre che sensibilizzarle sull’importanza del tema e dello sviluppo della società in ottica di uguaglianza e parità di genere, sono stati previsti dei meccanismi incentivanti per le aziende virtuose che riescono ad ottenere la certificazione.

I principali vantaggi previsti sono i seguenti:

  • Vantaggio economico sottoforma di esoneri contributivi

Alle aziende private in possesso della certificazione vengono riconosciuti esoneri contributivi in misura variabile previsti annualmente dalla Legge Finanziaria.

A titolo esemplificativo si osserva che per il 2023 è stato previsto uno sgravio contributivo nella misura dell’1% del montante contributivo fino ad un limite massimo di € 50.000,00 per tutte le aziende che avevano ottenuto la certificazione entro il 31/12/2022

  • Maggiore possibilità di accedere agli aiuti di Stato

Le aziende private che alla data del 31 dicembre dell’anno precedente a quello di riferimento risultano essere in possesso della certificazione della parità di genere, è riconosciuto un punteggio premiale per la valutazione, da parte di autorità titolari di fondi europei nazionali e regionali, di proposte progettuali ai fini della concessione di aiuti di Stato a cofinanziamento degli investimenti sostenuti. 

  • Maggiore affidabilità ai fini dell’aggiudicazione degli appalti pubblici

Le Amministrazioni aggiudicatrici indicano nei bandi di gara, negli avvisi o negli inviti relativi a procedure per l’acquisizione di servizi, forniture, lavori e opere i criteri premiali che intendono applicare alla valutazione dell’offerta in relazione al possesso da parte delle aziende private, alla data del 31 dicembre dell’anno precedente a quello di riferimento, della certificazione della parità di genere.

Tale disposizione è stata confermata anche dal nuovo Codice degli appalti pubblici, approvato con il D.lgs. 36/2023, entrato in vigore dal 1° luglio 2023. 

L’art 106, comma 8, del nuovo codice dei contratti pubblici prevede, inoltre, per tutte le tipologie di contratto una diminuzione della garanzia del 20%, cumulabile con tutte le altre riduzioni previste dalla legge, in caso di possesso di certificazioni (riportate nell’allegato II. 13 al Codice) attestanti specifiche qualità, tra le quali rientra anche la certificazione della parità di genere.

  • Brand Reputation

Oltre ai vantaggi economici da non sottovalutare l’impatto che il possesso della certificazione di Parità di genere può avere sulla c.d. Brand Reputation per potenziali clienti, fornitori o future nuove risorse, essendo l’attenzione ai temi di inclusione considerati cruciale.

Da ciò ne consegue anche un miglioramento della capacità competitiva, poiché le aziende di maggior successo sono quelle che adottano modelli di lavoro più inclusivi.

Occorre, infine, considerare, che in ragione dell’l’attualità e l’importanza del tema è ipotizzabile che nel prossimo futuro, i vantaggi e benefici per le aziende virtuose in possesso della certificazione vengano ulteriormente implementati sia a livello nazionale che territoriale ed anche europeo.

Ottenere la certificazione può quindi rappresentare un’importante opportunità per le aziende attente all’inclusività e alla propria crescita. 

Approfondimenti Diritto del lavoro

È possibile controllare un dipendente tramite un investigatore privato?

PREMESSA

Il tema della possibilità per il datore di lavoro di richiedere l’intervento di un’agenzia investigativa per “controllare” un dipendente è assai delicato, andando a coinvolgere due contrapposti interessi, da un lato la riservatezza personale dei lavoratori, dall’altro l’interesse economico dell’azienda a fronte di possibili illeciti del proprio sottoposto.

Va tuttavia fin da subito precisato che né lo Statuto dei lavoratori, né altre norme di legge precludono in via assoluta al datore di lavoro di ricorrere ad agenzie investigative per controllare i dipendenti, e la giurisprudenza di legittimità ammette pacificamente l’utilizzabilità delle risultanze investigative ai fini disciplinari e quindi, anche per provare la giusta causa di un licenziamento.

Ricorrere a tali modalità di indagine si ritiene generalmente giustificato non solo per dimostrare l’avvenuta perpetrazione degli illeciti e l’esigenza di verificarne il contenuto, ma anche in ragione del solo sospetto o dell’ipotesi che tali illeciti siano in corso di esecuzione.

LIMITI

Ciò premesso, va tuttavia rilevato che tale tipologia di controlli per essere validi, non possono in nessun caso consistere nella vigilanza dell’attività lavorativa vera e propria.

L’attività investigativa disposta dal datore deve, dunque, avere ad oggetto l’accertamento di condotte illecite diverse dal solo adempimento della prestazione lavorativa.

Lo Statuto dei Lavoratori, infatti, riserva quest’ultimo tipo di controllo proprio al datore di lavoro e alla propria organizzazione gerarchica e non consente che venga affidato a soggetti terzi alla struttura aziendale.

Deve trattarsi, in altre parole, di controlli finalizzati ad accertare l’esistenza di fatti illeciti, anche penalmente rilevanti, che possono avere una rilevanza indiretta nel rapporto lavorativo, incidendo nella valutazione dell’aspetto fiduciario, ovvero del rispetto degli obblighi di lealtà, fedeltà e correttezza da parte del lavoratore.

Per spiegarci meglio vediamo alcuni casi pratici analizzati da alcune sentenze della Corte di Cassazione.

CASI PRATICI

ABUSO DEI PERMESSI EX L. 104/1992

È legittimo il controllo demandato dal datore di lavoro ad un’agenzia investigativa, finalizzato all’accertamento dell’utilizzo improprio dei permessi ex art. 33 della L. 5 febbraio 1992 n. 104 (comportamento suscettibile di rilevanza anche penale).

Tale controllo, infatti, non riguarda l’adempimento della prestazione lavorativa, essendo effettuato al di fuori dell’orario di lavoro ed in fase di sospensione dell’obbligazione principale di rendere la prestazione lavorativa, sicché esso non può ritenersi precluso.

ALLONTANAMENTO NON AUTORIZZATO DAL LUOGO DI LAVORO

Al contrario, non è considerato legittimo l’utilizzo delle risultanze investigative da parte del datore di lavoro privato finalizzate ad accertare che il lavoratore durante l’orario di lavoro sia solito allontanarsi dal posto di lavoro senza autorizzazione, per occuparsi di attività personali esterne alla sede di lavoro ed estranee alle proprie mansioni.

La Cassazione ha recentemente stabilito che tali tipo di controlli sono inammissibili in quanto rientranti nel controllo della prestazione lavorativa vietati dall’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori e dei doveri di buona fede e correttezza.

Le risultanze non possono quindi essere utilizzate per finalità disciplinari neppure se raccolte, indirettamente, durante un controllo investigativo legittimamente disposto nei confronti di un altro dipendente.

SIMULAZIONE MALATTIA

È, invece,  pacificamente ritenuto legittimo il controllo investigativo finalizzato ad accertare fatti idonei a dimostrare l’insussistenza della malattia o la non idoneità di quest’ultima a determinare uno stato di incapacità lavorativa rilevante e, quindi, a giustificarne l’assenza del lavoratore. Rispetto a tale specifico aspetto la giurisprudenza ha ritenuto che in tema di licenziamento per giusta causa, la disposizione di cui all’art. 5 St. lav. che vieta al datore di svolgere accertamenti sulle infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente o lo autorizza ad effettuare il controllo delle assenze per infermità solo attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti, non preclude al datore medesimo di procedere, al di fuori delle verifiche di tipo sanitario, ad accertamenti di circostanze di fatto atte a dimostrare l’insussistenza della malattia o la non idoneità di quest’ultima a determinare uno stato di incapacità lavorativa rilevante e, quindi, a giustificarne l’assenza.

ABUSO DEI CONGEDI PARENTALI

È legittimo, inoltre, il controllo tramite agenzia finalizzato ad accertare l’abuso da parte del lavoratore del diritto potestativo di congedo parentale. In tali casi, però affinché il licenziamento sia legittimo occorre accertare che il diritto venga esercitato per la maggior parte del tempo, non per la cura diretta del bambino, bensì per attendere ad altra attività, come esercitare un altro impiego di lavoro o per attività del tutto estranei alla tutela e assistenza del minore.

CONCORRENZA SLEALE

Sono stati, in alcuni casi, ritenuti legittimi i controlli mirati all’accertamento della violazione del divieto di concorrenza del dipendente in corso di rapporto (tra cui si segnala il caso dell’estetista che nel giorno di riposo esercitava l’attività in proprio presso il suo domicilio), perché non riguarda lo svolgimento del lavoro, ma un illecito commesso fuori dell’orario di servizio e comunque passibile di conseguenze dannose per l’azienda.

CONCLUSIONI

Prima di ricorrere all’utilizzo di un’agenzia investigativa occorre valutare attentamente la finalità della richiesta, tenendo presente che i relativi risultati, seppur comprovanti un comportamento inadempiente del lavoratore, non sempre possono essere validamente utilizzati per fondare un procedimento disciplinare per licenziamento, a prescindere dalla gravità della condotta accertata.

È sempre opportuno, dunque, affidarsi ad un consulente esperto per un’attenta valutazione preliminare della problematica emersa e dell’esigenza dell’azienda.