PREMESSA

Il tema della possibilità per il datore di lavoro di richiedere l’intervento di un’agenzia investigativa per “controllare” un dipendente è assai delicato, andando a coinvolgere due contrapposti interessi, da un lato la riservatezza personale dei lavoratori, dall’altro l’interesse economico dell’azienda a fronte di possibili illeciti del proprio sottoposto.

Va tuttavia fin da subito precisato che né lo Statuto dei lavoratori, né altre norme di legge precludono in via assoluta al datore di lavoro di ricorrere ad agenzie investigative per controllare i dipendenti, e la giurisprudenza di legittimità ammette pacificamente l’utilizzabilità delle risultanze investigative ai fini disciplinari e quindi, anche per provare la giusta causa di un licenziamento.

Ricorrere a tali modalità di indagine si ritiene generalmente giustificato non solo per dimostrare l’avvenuta perpetrazione degli illeciti e l’esigenza di verificarne il contenuto, ma anche in ragione del solo sospetto o dell’ipotesi che tali illeciti siano in corso di esecuzione.

LIMITI

Ciò premesso, va tuttavia rilevato che tale tipologia di controlli per essere validi, non possono in nessun caso consistere nella vigilanza dell’attività lavorativa vera e propria.

L’attività investigativa disposta dal datore deve, dunque, avere ad oggetto l’accertamento di condotte illecite diverse dal solo adempimento della prestazione lavorativa.

Lo Statuto dei Lavoratori, infatti, riserva quest’ultimo tipo di controllo proprio al datore di lavoro e alla propria organizzazione gerarchica e non consente che venga affidato a soggetti terzi alla struttura aziendale.

Deve trattarsi, in altre parole, di controlli finalizzati ad accertare l’esistenza di fatti illeciti, anche penalmente rilevanti, che possono avere una rilevanza indiretta nel rapporto lavorativo, incidendo nella valutazione dell’aspetto fiduciario, ovvero del rispetto degli obblighi di lealtà, fedeltà e correttezza da parte del lavoratore.

Per spiegarci meglio vediamo alcuni casi pratici analizzati da alcune sentenze della Corte di Cassazione.

CASI PRATICI

  • ABUSO DEI PERMESSI EX L. 104/1992

È legittimo il controllo demandato dal datore di lavoro ad un’agenzia investigativa, finalizzato all’accertamento dell’utilizzo improprio dei permessi ex art. 33 della L. 5 febbraio 1992 n. 104 (comportamento suscettibile di rilevanza anche penale).

Tale controllo, infatti, non riguarda l’adempimento della prestazione lavorativa, essendo effettuato al di fuori dell’orario di lavoro ed in fase di sospensione dell’obbligazione principale di rendere la prestazione lavorativa, sicché esso non può ritenersi precluso.

  • ALLONTANAMENTO NON AUTORIZZATO DAL LUOGO DI LAVORO

Al contrario, non è considerato legittimo l’utilizzo delle risultanze investigative da parte del datore di lavoro privato finalizzate ad accertare che il lavoratore durante l’orario di lavoro sia solito allontanarsi dal posto di lavoro senza autorizzazione, per occuparsi di attività personali esterne alla sede di lavoro ed estranee alle proprie mansioni.

La Cassazione ha recentemente stabilito che tali tipo di controlli sono inammissibili in quanto rientranti nel controllo della prestazione lavorativa vietati dall’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori e dei doveri di buona fede e correttezza.

Le risultanze non possono quindi essere utilizzate per finalità disciplinari neppure se raccolte, indirettamente, durante un controllo investigativo legittimamente disposto nei confronti di un altro dipendente.

  • SIMULAZIONE MALATTIA

È, invece,  pacificamente ritenuto legittimo il controllo investigativo finalizzato ad accertare fatti idonei a dimostrare l’insussistenza della malattia o la non idoneità di quest’ultima a determinare uno stato di incapacità lavorativa rilevante e, quindi, a giustificarne l’assenza del lavoratore. Rispetto a tale specifico aspetto la giurisprudenza ha ritenuto che in tema di licenziamento per giusta causa, la disposizione di cui all’art. 5 St. lav. che vieta al datore di svolgere accertamenti sulle infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente o lo autorizza ad effettuare il controllo delle assenze per infermità solo attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti, non preclude al datore medesimo di procedere, al di fuori delle verifiche di tipo sanitario, ad accertamenti di circostanze di fatto atte a dimostrare l’insussistenza della malattia o la non idoneità di quest’ultima a determinare uno stato di incapacità lavorativa rilevante e, quindi, a giustificarne l’assenza.

  • ABUSO DEI CONGEDI PARENTALI

È legittimo, inoltre, il controllo tramite agenzia finalizzato ad accertare l’abuso da parte del lavoratore del diritto potestativo di congedo parentale. In tali casi, però affinché il licenziamento sia legittimo occorre accertare che il diritto venga esercitato per la maggior parte del tempo, non per la cura diretta del bambino, bensì per attendere ad altra attività, come esercitare un altro impiego di lavoro o per attività del tutto estranei alla tutela e assistenza del minore.

  • CONCORRENZA SLEALE

Sono stati, in alcuni casi, ritenuti legittimi i controlli mirati all’accertamento della violazione del divieto di concorrenza del dipendente in corso di rapporto (tra cui si segnala il caso dell’estetista che nel giorno di riposo esercitava l’attività in proprio presso il suo domicilio), perché non riguarda lo svolgimento del lavoro, ma un illecito commesso fuori dell’orario di servizio e comunque passibile di conseguenze dannose per l’azienda.

CONCLUSIONI

Prima di ricorrere all’utilizzo di un’agenzia investigativa occorre valutare attentamente la finalità della richiesta, tenendo presente che i relativi risultati, seppur comprovanti un comportamento inadempiente del lavoratore, non sempre possono essere validamente utilizzati per fondare un procedimento disciplinare per licenziamento, a prescindere dalla gravità della condotta accertata.

È sempre opportuno, dunque, affidarsi ad un consulente esperto per un’attenta valutazione preliminare della problematica emersa e dell’esigenza dell’azienda.